giovedì 10 maggio 2012

solo per me (il mare)


I suoi capelli erano sciolti al vento di quel pomeriggio. Passeggiava sulla spiaggia guardando il mare in tutta la sua furia solitaria. Le onde si alzavano e cadevano, crescevano come a voler nascondere l’orizzonte e si sbriciolavano in vapori di schiuma. Il vento raccontava questa battaglia trasportando salsedine e sconfitte. Il mare è solo. Immenso nel suo respiro di onde che si rincorrono e non si trovano, di navi che danzano disperse tra la corrente del vento, di uomini che, ostinati, pregano alle stelle, se non blasfeme parole, silenziose nenie e profani pensieri. Passeggiava lungo il bagnasciuga lasciando dietro di sé piccoli mondi profondi, piccole orme senza gravità, senza sole. Era elegante ma i suoi pensieri lontani guardavano un mare diffidente e arrogante. Viveva, come in un sogno freddo, la trama di un libro sussurrata all’orecchio da una voce indifferente, la costante sensazione di non aver più l’idea di guardare lontano oltre il pianto, oltre le difficoltà. Era il mare che non la capiva. Troppo grande per capire il mondo che cambiava. Un vecchio amico che non ti conosce più. Si fermò guardando la corsa di un onda che s’arrestava vicino ai suoi piedi e rifluiva verso il mare, pensò ad un bambino che, allontanatosi, ritorna tra le gambe del padre. Rivide la sua infanzia lontana, la sua vita in un sospiro di piccole ingenuità. Alzò gli occhi e vide il mare che non le apparteneva, il coraggio che le mancava. Vide un piccolo gabbiano che scarabocchiava il cielo, la luna che non esisteva, le nuvole che cercava.

“ma in fondo vivere
non è difficile
non è che un fuoco azzurro e noi
rimaniamo così
a rivedere scintille d'agosto

che il
mare  gonfia in vapori di nuvole”

Salvatore Di Francia




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